Riflessioni sulla gestione di Virginia Raggi

Studio Fisioterapico Giovanni Gerbino
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© Edited by MATTEO CALAUTTI
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È di ieri la notizia dell’arresto di Raffaele Marra, braccio destro di Virginia Raggi, sindaco di Roma eletta come candidata del MoVimento 5 Stelle da giugno 2016. Nella stessa settimana in cui Paola Muraro, assessore all’ambiente, difesa strenuamente dal primo cittadino, ha deciso di dimettersi dopo aver ricevuto un avviso di garanzia. Ecco perché la gestione di queste situazioni è stata pessima.

1) Le ipotesi sono essenzialmente due: o Virginia Raggi è in malafede oppure non è (stata) capace di scegliersi oculatamente le persone di cui circondarsi nella sua avventura politica alla guida di Roma. Al momento propendo per la seconda ipotesi, in quanto la prima mi sembra inverosimile. Quanto incida questo aspetto nella sua valutazione politica sta al singolo individuo. Possibile che certe batoste se hai stoffa possano farti crescere, sempre che tu abbia il tempo di dimostrarlo. Ma è possibile anche che certe batoste mettano in luce la tua inadeguatezza ad un ruolo come quello di sindaco di questa Capitale. Al momento propendo per la prima ipotesi, ma non escludo che il giudizio possa variare. Detto ciò, sono stati compiuti evidenti errori che sviscererò nei prossimi punti.

2) La mia sensazione è che Virginia Raggi abbia usato la questione di Marra e della Muraro come simbolo della sua indipendenza dai vertici (o dal vertice) del M5s nelle sue scelte di amministrazione. Quasi come dire «ehi ragazzi ho portato un enorme contributo nel 70% che abbiamo conquistato alle Comunali», con un significato implicito del tipo «i mie colleghi me li scelgo io». Ma si parla di sensazioni.

3) Qui la prima questione delicata. È giusto che il candidato di un partito alle Comunali (così come in altre elezioni) sia comunque subordinato al giudizio del suo stesso partito per quanto riguarda tematiche delicate? A mio avviso assolutamente sì. Non avrebbe decisamente senso, se l’impressione di cui al punto 1) fosse vera, che una candidata come Virginia Raggi pretenda di avere l’ultima parola in situazioni che possono creare un danno d’immagine al suo partito di appartenenza (perché di partito si tratta, senza giudizio di valore). Se Virginia Raggi è stata eletta sindaco è anche (se non soprattutto) merito del MoVimento. Se una persona vuole governare una città in maniera completamente indipendente esiste un metodo semplice: la lista civica. Tutto il resto sono chiacchiere.

4) Facciamo un esempio su quanto detto nel punto 3). Mettiamo caso che il partito più ecologista del mondo candidi una persona che poi effettivamente viene eletta. Mettiamo caso che questa persona decida di ostacolare la raccolta differenziata nel centro urbano e che favorisca la creazione di inceneritori nell’area periferica. Ora, perché un partito dovrebbe dare appoggio politico (quindi consenso e voti) rischiando che posizioni su temi tanto cari inficino l’immagine pubblica del partito stesso? Ovvio, un sindaco di questo tipo deve godere di una certa liberà decisionale, non si sta infatti contestando questo. Ma, onestamente, credo sia giusto che ogni sua scelta su temi delicati sia alla fine subordinata alla linea del partito, che si parli di vertice, di un consiglio ad hoc oppure della classe dirigente. Altrimenti, come detto, lista civica e via.

5) Tornando più puntualmente sul tema Raggi, domanda: perché un sindaco dovrebbe dimettersi se un suo collaboratore (in senso lato) viene arrestato? Può una persona avere la bacchetta magica e predire il futuro? Ci si può sbagliare nella vita, specie se si chiede scusa quando ci si rende conto dell’errore di valutazione. Solo lo stesso MoVimento può chiedere al sindaco di fare un passo indietro, non certo gli altri partiti. Ma, domanda: se fosse successo ad un altro partito in un contesto analogo, cosa avrebbe fatto il M5S? Sicuramente avrebbe chiesto le dimissioni al sindaco, anche in questo caso ingiustamente. Questo deve far riflettere sulla pertinenza di richieste di questo tipo, di qualunque “colore” esse siano.

6) Questa volta basta chiedere scusa? Ecco perché la risposta rischia di essere negativa. Può bastare scusarsi se non si è il candidato del MoVimento 5 Stelle, un partito che fonda la sua stessa essenza sul «noi siamo diversi da loro». Se si viene eletti come sindaco di Roma con il M5S in un momento cruciale della storia politica della Capitale e del partito, il minimo che si può fare per non ricevere critiche sulla coerenza è circondarsi di gente “vergine” politicamente, nessuno escluso. Certo, conta prima di tutto la competenza, e qui siamo d’accordo. Ma oltre al contenuto, essenziale, conta anche la forma, specie in un partito che ha fatto della forma (in senso lato) un mantra.

7) A maggior ragione può non bastare se ci si rende protagonisti di frasi come «se salta Marra andiamo a casa tutti». Ha giocato d’azzardo, sbagliando a fidarsi, come ella stessa ha ammesso. Un gioco d’azzardo, tuttavia, che rischia di inficiare lei e il MoVimento stesso. Specie dopo che era stata avvisata da Carla Ruocco e Roberta Lombardi della pericolosità della questione, nonché dallo stesso Beppe Grillo. Detto ciò, due “avvisi” che comunque godono di un valore neanche così eccezionale da un certo punto di vista: neanche loro hanno ed avevano la bacchetta magica, con il “senno del poi” sono bravi tutti.

8) Qual è stato l’errore a monte? L’errore è stato, suo malgrado, di Luigi Di Maio, esponente di spicco del M5S che ha guadagnato un enorme credibilità (meritata, devo dire) ma che ultimamente si è reso protagonista di qualche autogoal. Il primo tra tutti è stato ad inizio anno, quando dichiarava che un politico deve dimettersi si risulta indagato in un processo. Errore grave che si è rivelato nocivo nell’amministrazione Raggi e la cui gravità è stata compresa dall’autore, il quale umilmente ha fatto dietro front. Perché è un errore? Se un mafioso a telefono con un altro mafioso fa il mio nome e viene intercettato per un qualche motivo, io verrò probabilmente iscritto al registro degli indagati anche se effettivamente poi non verrò rinviato a giudizio risultato estraneo ai fatti. Chiaro che più la popolarità e l’incidenza del suo lavoro nella “cosa pubblica” sono maggiori, più sarà probabile che un uomo venga indagato. Ma non per questo rinviato a giudizio, cosa ben diversa.

9) Infine, una riflessione anche sul rivedibile metodo giustificativo del M5S, brillantemente analizzato dal giornalista Giulio Cavalli attraverso un articolo pubblicato sul suo sito personale:

Come scrivevo proprio oggi qui la politica è una dinamica complessa che non accetta pensieri banali che puntano alla pancia: il metodo di difesa scelto oggi da Grillo (ma è scelta di Grillo?) è ugualmente pericoloso poiché ripetere meccanicamente che “questa indagine non c’entra nulla con questa consigliata” significa non considerare politica la scelta delle persone che si mettono al proprio fianco e così alla fine anche Mangano diventa uno stalliere che non ha nulla da spartire con Berlusconi. E la Raggi (come qualsiasi sindaco) potrebbe comunque essere toccata da un’indagine nella sua esperienza amministrativa e se dovesse succedere che si fa? Si butta a mare tutto quello detto fin qui? Elaborare risposte misurate e il più possibile giuste, educarsi all’autocritica e smetterla di giocare a chi ha l’onestà più lunga misurandola con gli indagati degli altri sarebbe un passo verso la maturità. Bisognerebbe capire che è anche per il bene del M5S. Ma ci vuole scienza per diventare grandi restando giovani.

Detto ciò, dopo tutte queste critiche, mi sento di spezzare tre semplici lance in favore della Raggi:

1) Nel suo discorso pubblico mi è sembrata sinceramente dispiaciuta. Che questa grave disavventura le serva da lezione, altrimenti i romani prenderanno giustamente scelte diverse alle prossime elezioni, che siano o no al termine regolare del mandato.

2) Se Roma è a pezzi non è sicuramente colpa del M5S, che fino alle Elezioni Politiche del 2013 praticamente non esisteva su scala nazionale. Su questo non si può non essere d’accordo. C’è voluto coraggio, per esempio, a dire di no alle Olimpiadi di Roma. Una scelta rivelatasi oculata e condivisibile poche settimane dopo. Perché? Se le strutture fatiscenti dei Mondiali di nuoto nel 2009 non bastassero come prove, ad ottobre la governatrice di Tokyo, Yuriko Koike, ha dichiarato che i costi dei Giochi in programma nel 2020 si sono quadruplicati, evidenziando seri problemi al riguardo.

3) È tremendamente difficile amministrare una città come Roma, che da un lato si lamenta (giustamente) dei politici che «magnano a destra e a manca» e che dall’altro si lamenta perché l’albero di Natale non rende onore alla città, spingendo la Giunta a spendere per abbellirlo. Non è neanche da sei mesi in carica, bisogna lasciarla lavorare in pace. E con l’espressione «in pace» non parlo dei giornalisti, il cui lavoro da “cani da guardia” antipatici e puntigliosi è essenziale, ovviamente se fatto con onestà intellettuale (ripeto, se fatto con onestà intellettuale). Poi tra un po’ di tempo ognuno trarrà le sue conclusioni ed il saldo del suo operato, positivo o negativo che sia. 

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About Matteo Calautti 3293 Articles
Giornalista, ufficio stampa, social media manager e content creator genovese, nonché "minor" di pallacanestro. Appassionato di sport in ogni sua forma e colore. Esterofilo e curioso osservatore di politica e attualità. Fondatore di Liguria a Spicchi, sito sportivo dedicato alla pallacanestro ligure, nonché autore e conduttore di Liguria a Spicchi TV, in onda su Telenord. Collabora con l’ufficio stampa della Federazione Italiana Vela nel ruolo di social media manager, ricopre il ruolo di Responsabile Comunicazione del Comitato Regionale Liguria della Federazione Italiana Pallacanestro e di reporter per trasmissione calcistica televisiva Dilettantissimo, in onda su Telenord. Cura la comunicazione di attività commerciali e società sportive tra le quali il Ligorna, la terza squadra calcistica di Genova. Formatore nazionale del CISV, associazione internazionale di volontariato di cui è follemente innamorato.